domenica 26 marzo 2017


L’Annunciazione secondo Efrem il Siro


Come un seme

nel nostro giardino

di Manuel Nin

La festa dell’Annunciazione della Madre di Dio è una delle poche che troviamo lungo la quaresima nelle tradizioni liturgiche orientali. Al suo sviluppo contribuì anche l’omiletica siriaca. Efrem la commenta nel secondo inno sulla natività del Signore, un testo dove il poeta canta il mistero dell’incarnazione del Signore e dell’annuncio fatto da Gabriele a Maria. Già nella prima strofa la parola di Efrem è una lode, unita a quella delle schiere celesti, per il mistero che redime il genere umano: «Del tempo illustre segnato per la redenzione mi rendo anch’io partecipe nell’amore e mi allieto. Voglio lodarlo con canti puri, rendere gloria a quel bimbo che ci ha redenti». Le profezie veterotestamentarie sono applicate a Cristo stesso che si manifesta come re, sacerdote e agnello, con riferimenti molto evidenti di carattere sacramentale al battesimo, al perdono dei peccati e all’eucaristia: «La cetra dei profeti che l’annunciarono, l’issopo dei sacerdoti che lo amarono, il diadema dei re sono di quel Signore dei vergini, la cui madre è anch’essa vergine. Poiché è re, ha dato a tutti la regalità; poiché è sacerdote, ha dato a tutti il perdono; poiché è l’agnello, distribuisce a tutti il cibo». Diverse volte Efrem fa riferimento alla vera divinità e vera umanità di Cristo con l’immagine della paternità divina e la maternità umana: «Degna di memoria la madre che l’ha generato, degno di benedizioni il seno che l’ha portato, come pure Giuseppe, per grazia chiamato padre del Figlio vero, il cui Padre è glorificato».
Poi Maria stessa canta il mistero dell’incarnazione del Verbo: «Mi ha fatto gioire perché io l’ho concepito; mi ha magnificato poiché io l’ho generato. Nel suo paradiso vivente io sto per entrare e dargli lode nel luogo dove Eva fallì. Di me si è compiaciuto, al punto da essergli madre, poiché l’ha voluto, e da essermi figlio, poiché gli è piaciuto». E in un’altra strofa la lode della madre diviene anche quella della Chiesa: «Con la bocca dei miei martiri io rendo grazie per aver accolto il bimbo, figlio dell’invisibile uscito alla visibilità. Su una cima eccelsa mi sollevi con i miei santi, per rendere gloria a colui che si chinò e si fece piccolo nella mangiatoia». Efrem presenta poi il tema dell’annuncio fatto dagli angeli agli uomini con l’immagine dell’unica sorgente che è Cristo stesso e delle dodici sorgenti, gli apostoli, che vi attingono: «Voci celesti ti hanno annunciato ai terrestri. Sorgente nuova che i celesti hanno aperto per i terrestri assetati di vita. O fonte non gustata da Adamo! Dodici sorgenti parlanti essa ha aperto, che hanno riempito di vita il mondo».
Il poeta accosta poi le immagini di Cristo nuovo Adamo nato dalla vergine al primo Adamo fatto dalla terra vergine. Nella seconda parte dell’inno Efrem introduce il tema dell’annunciazione e si sofferma sull’atteggiamento di preghiera con cui Maria accoglie l’annuncio di Gabriele: «Cosa faceva colei che era casta nel momento in cui Gabriele, il messaggero, volando discese presso di lei? Lo vide nel momento della preghiera, perché anche Daniele aveva visto Gabriele durante la preghiera. Preghiera e buona novella, sua parente, è giusto che esultino vicendevolmente, come Maria ed Elisabetta sua parente». Segue una serie di esempi biblici del rapporto tra preghiera e annuncio di salvezza: la fine del diluvio, la preghiera di Abramo, la preghiera del centurione. Quindi anche quella che è la più grande delle notizie trova Maria orante: «Tutte le buone notizie giungono al porto della preghiera. La notizia delle notizie, causa di tutte le gioie, trovò Maria in preghiera». E quasi per pudore presenta l’arcangelo come un vegliardo il cui aspetto non doveva turbare Maria: «Gabriele, come un vecchio nobile e grave entrò e la salutò, affinché lei non tremasse, affinché la giovane modesta, alla vista di un volto giovane, non si rabbuiasse».Infine Efrem, con immagini molto belle, presenta i tre personaggi — Daniele, Elisabetta e Maria — cui Gabriele viene mandato: «A due casti vegliardi e alla vergine, solo a essi fu mandato Gabriele con le buone notizie.
Uno generò la rivelazione della parola di Dio, l’altra la voce del deserto e la vergine il Verbo dell’altissimo». E l’inno si conclude con il tema della kènosis del Verbo di Dio che «restrinse se stesso fino a riempire il piccolo grembo di Maria. Poi come un seme nel nostro giardino e un piccolo raggio per la nostra pupilla, sorse, si diffuse e riempì il mondo».

(L'Osservatore Romano 25 Marzo 2015)

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